Affitto a canone concordato, condizioni e vantaggi

Un contratto di affitto immobiliare è un atto che regola l’affidamento di un bene, ovvero una casa, ad un conduttore da parte di un locatore. La normativa italiana offre diverse formule contrattuali e tra queste rientra l’affitto a canone concordato. È una soluzione particolarmente vantaggiosa per entrambi i contraenti in quanto prevede delle agevolazioni fiscali. In cosa consiste? Come si calcolano le rate mensili e quali sono i benefici fiscali? Ecco tutto quello che occorre sapere al riguardo.

Contratto affitto canone concordato, condizioni e requisiti

Come si evince dal nome questa tipologia di contratto d’affitto comporta un canone concordato. Le cifre però, a differenza di ciò che si può pensare, non sono il risultato di un accordo tra i contraenti (in quei casi si parla di canone libero), bensì tra associazioni di categoria sul territorio, rappresentanti sia i proprietari che gli inquilini. Come funziona?  In passato si è assistito all’assurda situazione di case non immesse sul mercato per la mancata convenienza dal punto di vista fiscale e per la difficoltà di riprendere possesso dell’immobile allo scadere del contratto o in caso di morosità dell’inquilino, oppure ad affitti altissimi. La normativa italiana per ovviare a questo problema ha quindi offerto la possibilità di un contratto con un canone “calmierato” e “concordato” tra le associazioni di categoria per l’interesse di tutte le parti coinvolte e con annesse una serie di agevolazioni fiscali. Esistono però delle condizioni e dei requisiti essenziali per poter stipulare un contratto di affitto a canone concordato:

  • È possibile solo in comuni ad alta densità abitativa (come Roma, Milano, Palermo, eccetera)
  • La durata del contratto è obbligatoriamente di 3 anni con eventuale proroga di altri 2 (per tale motivo è definito anche come contratto d’affitto 3+2)
  • Il canone è concordato in valori massimi e minimi dalle associazioni di categoria secondo alcuni parametri prestabiliti (il Comune e le sue infrastrutture, la metratura dell’immobile, le sue caratteristiche dotazioni, la zona precisa in cui è sito).

Ciò significa che non esiste una quota univoca per il canone concordato: questa varia a seconda della città, dell’immobile e del luogo in cui si trova. I contraenti il contratto d’affitto possono accordarsi per una cifra che rientra tra i valori minimi ed i massimi stabiliti.

Affitto a canone concordato, i vantaggi

Gli affitti con contratto a canone concordato sono sicuramente più convenienti per i conduttori, ma anche per i locatori esistono numerosi vantaggi, a partire da quelli fiscali. Un proprietario che affitta un immobile ad uso abitativo con canone concordato può usufruire ad esempio della cosiddetta “cedolare secca”, una tassazione speciale sostitutiva dell’Irpef, pari al 21% o al 10% a seconda dei casi. Di contro, se si sceglie la tassazione ordinaria la base imponibile per il calcolo dell’Irpef è ridotta del 30% e vi è una riduzione sulle imposte di registro. Agevolazioni sussistono anche per l’IMU e la TASi, sia a livello nazionale che locale, in base alle direttive dei singoli Comuni. Anche l’inquilino può comunque usufruire di altre agevolazioni fiscali se l’immobile locato con canone concordato è adibito ad abitazione personale: può portare in detrazione in seno alla dichiarazione dei redditi il canone annuo entro determinate quote prestabilite. Un altro aspetto vantaggioso dei contratti d’affitto a canone concordato riguarda la normativa circa la durata. È di 3 anni rinnovabile di 2 (in contrapposizione ai contratti di locazione liberi 4+4) e si rinnova automaticamente nei bienni successivi salvo disdetta di uno dei contraenti. Di contro, al termine dei primi due anni di rinnovo si può risolvere il contratto, o rinnovarlo con nuove condizioni economiche. La risoluzione anticipata del contratto è comunque concessa al locatario anche senza motivo se tale clausola è inserita nel contratto, altrimenti occorre prevedere una “giusta causa”. È necessario comunque avvisare il proprietario con un preavviso adeguato. Il locatore invece non ha questa possibilità, ma può negare il rinnovo, dopo il triennio, alla sussistenza di determinate circostanze, come la vendita dell’immobile, la necessità dello stesso per sé o per un familiare, in caso di ristrutturazione non procrastinabile. Anche in tal caso è previsto un preavviso scritto, di almeno 6 mesi.

Come si calcola l'importo dell'affitto a canone concordato

Come evidenziato, il calcolo dell’affitto a canone concordato viene fatto in base ad accordi territoriali tra associazioni di categoria di proprietari ed inquilini. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con il decreto del 16 gennaio 2017 ha stabilito i parametri generali per la messa a punto degli accordi da definire in sede locale, stabilendo nel medesimo contesto anche le linee guida per i contratti d’affitto transitori e per studenti universitari. In pratica le associazioni di categoria, hanno messo a punto delle tabelle di riferimento con valori minimi e massimi in base ai parametri indicati dalla normativa: questi prendono in considerazione il Comune di riferimento, il luogo preciso in cui è situato l’immobile (ogni zona può avere quotazioni immobiliari diverse, anche di molto), le caratteristiche della casa, la superficie calpestabile, quella effettivamente locata (ad esempio agli studenti universitari può essere affittata anche solo una stanza), gli eventuali elementi accessori (come il riscaldamento autonomo, la presenza di un ascensore condominiale, un giardino o più balconi di pertinenza, ecc.). Tutti questi aspetti assumono un valore per l’immobile al mq che viene inserito in tabelle controfirmate in accordo dalle associazioni di categoria con quotazioni massime e minime. Il locatore può proporre al locatario un canone concordato entro tali cifre. Queste tabelle per il calcolo sono solitamente presenti sui siti internet dei comuni interessati, ma fare in modo autonomo è solitamente complicato. È meglio rivolgersi ad uno specialista del settore: un’agenzia immobiliare qualificata, un CAF o un commercialista.

Come stipulare un contratto di affitto a canone concordato

Una volta stabilito il canone concordato occorre stipulare il contratto d’affitto, preferibilmente con l’ausilio di un professionista dove evitare di incappare in errori. A tal fine sono necessari i seguenti documenti:

• Fotocopia documento di identità e codice fiscale di entrambe i contraenti, con indicazioni della residenza

• Dati dell’immobile concesso in locazione

• Planimetria catastale dell’immobile

• Estratto conto spese condominiali

• Copia della Attestazione di Prestazione Energetica (APE) o comunque un’autodichiarazione da parte del locatario di averne ricevuta l’adeguata informazione

• Dati anagrafici conviventi del conduttore/ locatario che andranno ad abitare nell’immobile

• Codice IBAN del locatore

• Copia dell’eventuale garanzia fideiussoria per l’affitto.

Il contratto, contenente tutte queste informazioni, compreso il canone mensile, la durata ed altre clausole particolari, viene controfirmato dalle parti ed inviato alle associazioni di categoria territoriali al fine del rilascio di un’attestazione di validità: in pratica occorre una sorta di autorizzazione, ovvero una verifica che il canone stabilito dal contratto rientri nei parametri concordati.

Una volta effettuato quest’ultimo passaggio il contratto d’affitto va registrato entro 30 giorni.  Al locatore e al locatario saranno consegnate tutte le copie e le ricevute del caso dal professionista che ha portato avanti la pratica.

Contratto di affitto con cedolare secca a canone concordato

In seno ai contratti di locazione a canone concordato assume un particolare rilievo per il locatore la possibilità di optare per la cedolare secca al fine del pagamento delle tasse sul reddito percepito con l’affitto. La cedolare secca è un’imposta sostitutiva dell’Irpef, e la sua scelta cancella anche le imposte di registro e di bollo dovute per la stipula e la registrazione del contratto d’affitto. In tal caso quindi si paga un’aliquota fissa pari al 21%, che può essere ridotta al 10% nei seguenti casi:

  • in Comuni ad alta densità abitativa e/o con scarse soluzioni abitative
  • in Comuni colpiti da calamità naturali
  • ai contratti di affitto per studenti universitari
  • ai contratti di affitto transitori indicati nella legge 431/1998 e successive modifiche

La cedolare secca è ammissibile sempre e solo nei contratti a canone concordato e non in quelli liberi. Il locatore che intende avvalersi di questa agevolazione deve indicare la scelta al momento della stipula del contratto.

Riepilogo dell'articolo

Acquista, affitta o valuta la tua proprietà con iad

Affidati a iad, la nostra rete di Agenti ti fornirà tutte le informazioni e ti accompagnerà in tutte le fasi del tuo progetto immobiliare, dalle prime valutazioni fino al rogito.

iad Italia